Caro babbo,
Finalmente sei tornato in
Italia, dopo 15 lunghissimi giorni da quella maledetta sera del 2 agosto a
Bristol.
Mi ero promesso che finché non
fossi arrivato ad Arezzo, non avrei scritto più niente sul blog, dedicandomi
totalmente al tuo rimpatrio e lottando contro una burocrazia che non permette a
dei figli di piangere in pace sulla bara del padre. Tra l’altro, non l’abbiamo
nemmeno potuta scegliere, perché la sola ed unica bara che rispettava tutte le
norme internazionali del trasporto delle salme, era quella decorata con un pacchianissimo bassorilievo
dell’Ultima Cena sui lati lunghi; un "contrappasso" non da poco per un uomo che
ha fatto della sobrietà uno stile di vita. Sono sicuro che, ovunque tu sia,
abbia visto tutto e ti sia fatto anche delle grasse risate, soprattutto ripensando
che a causa del tuo “ortodosso minimalismo stilistico” in 12 anni non mi abbia
mai permesso di attaccare mezzo quadro sulle pareti immacolate di casa tua.
Vorrei scriverti un sacco di
cose che non ti ho mai detto, ma mi viene in mente solo ciò che più mi
manca e più mi mancherà di te.
Mi mancherà l’entusiasmo ed i
festeggiamenti che mi facevi ogni qualvolta ti telefonavo per annunciarti un
piccolo successo universitario o professionale;
mi mancherà il messaggio che
mi inviavi alle 6:00 di mattina prima di ogni esame, sicuro che l’avrei letto
mentre ero intento a cercare di memorizzare le ultime nozioni o ad attaccare
gli ultimi pezzi di un plastico;
mi mancheranno le sere in cucina a leggerti la stesura finale dei miei
articoli da rendere comprensibili anche a chi non mastica la moda;
mi mancheranno le tue risate
e la tua gestualità che tante volte ho
condannato perché la ritenevo inopportuna nei contesti formali;
mi mancheranno gli intoccabili
appunti e le bozze delle tue pubblicazioni e dei tuoi libri ammucchiati su ogni
ripiano della casa, magari proprio vicino ai compiti in classe dei tuoi
studenti;
mi è mancato e mi mancherà il
tuo messaggio per gli auguri di buon compleanno ogni 10 agosto, seguito da una
telefonata verso l’ora di pranzo, mentre ti godevi la rituale vacanza estiva nella tua amata Inghilterra;
mi mancheranno le risate che
ci facevamo io ed Edoardo mentre ti dilettavi in acute dissertazioni politiche a
telefono con l’Ufficio Reclami della Rai, lamentandoti dei servizi del TG1 in
favore di Berlusconi e rivendicando con orgoglio di abitare in una roccaforte
“Rossa” come Firenze;
mi mancheranno le tue
sperimentazioni culinarie andando a ripescare ricette antiche come il “peposo” di Brunelleschi o chiedendo suggerimenti ai macellai e pizzicagnoli della zona;
mi mancheranno i tuoi
abbinamenti con l’obbligo di blazer blu e cravatta, e le tue fissazioni sulle
camicie Oxford ed i mocassini Sebago o Clarks;
mi mancheranno migliaia di
altri piccoli gesti quotidiani, ma c’è una cosa di cui sono maggiormente dispiaciuto:
non potrai vedermi nel momento in cui sarò finalmente laureato.
Mi ero promesso di non
piangere durante il funerale, volevo fosse un'occasione di gioia e di raccoglimento per tutti coloro che ti volevano bene, ma è stato impossibile.
I tuoi studenti, i colleghi, gli
amici e la miriade di persone che conoscevi, mi hanno
parlato di te, di ciò che hai lasciato loro e di come hai influenzato le loro
vite, confermandomi la tua unicità.
Posso dire fieramente che, nonostante i nostri litigi e le visioni diverse su alcuni aspetti della vita, non sei stato un semplice padre
tra tanti e non eri una persona qualsiasi in mezzo alla folla, eri diverso, eri unico, ma ora, purtroppo, ti ho perso per sempre.
Ciao Babbo,
Ti voglio bene.
Sulla spiaggia di Acciaroli, una vita fa, agosto 1992 |
‘… Of studie took he moost cure and moost heede,
Noght o word spak he moore than was neede,
And that was seyd in forme and reverence,
And short and quyk and ful of hy sentence;
Sownynge in moral vertu was his speche,
And gladly wolde he lerne and gladly teche. ‘
Noght o word spak he moore than was neede,
And that was seyd in forme and reverence,
And short and quyk and ful of hy sentence;
Sownynge in moral vertu was his speche,
And gladly wolde he lerne and gladly teche. ‘
'... Dedicava
allo studio la maggior cura e attenzione,
non diceva mai
una parola di troppo,
e anche quella in
maniera corretta e rispettosa,
concisa, svelta e
piena di gran significato;
i suoi discorsi
riguardavano sempre la virtù morale,
e con ugual
piacere era disposto a imparare e a insegnare. ‘
Geoffrey
Chaucer, The Canterbury Tales,
General Prologue
Alessandro Masetti - The Fashion Commentator