Everybody defines Diana Vreeland as "Legendary editor
in chief of the American Vogue" even if they haven't the slightest idea
who they're talking about. So, I'm asking you, what's the meaning of the word
"legendary", conventionally used as a crossword clue?
The answer is more complicated than expected, but you can
solve the riddle by reading her entertaining autobiography D.V. published in
1984.
“Leggendaria direttrice di Vogue America”, così definiscono Diana Vreeland tutti coloro che non hanno
la benché minima idea di chi stiano parlando e che hanno bisogno di riempirsi
la bocca per dare l’impressione di saperne qualcosa. Ma in realtà, cosa si
nasconde dietro quel “leggendaria” usato convenzionalmente quasi fosse una
definizione da cruciverba?
La risposta è più complicata del previsto, ma gran parte
dell’enigma trova risoluzione nella lettura della sua divertente autobiografia
D.V. pubblicata nel 1984 e recentemente rieditata in Italia da Donzelli Editore
nel 2012.
Diana Vreeland photographed by Arnold Newman, 1974 |
Since the first pages of the book, the former fashion editor
of Harper's Bazaar (1936-1962) and former editor in chief of American Vogue
(1962-1971) seems speaking to a lifelong friend in front of a cup of tea in her
office at the Costume Institute Office in New York.
She's frank, funny and hands out a lot of anecdotes on
anything she can think of, just like the stream of consciousness of a James
Joyce character.
The book is a sort of Stargate on past eras that everyone
would like to live in, and as the Auntie Mame by Patrick Dennis, Vreeland is
our master key to the high society between the early twentieth century and the
70s. Despite the intrigues, the secrets, the rules and the obligations of
society, she's free from every kind of prejudice and this makes her an
unbeatable heroine to our eyes. Her stories are very funny and full of dreamy
detailed descriptions, but be careful not to call them memories, Diana herself
explains she isn't a nostalgic old lady, but a person who always looks ahead.
Sin dall’incipit, l’ex-fashion editor di Harper’s Bazaar
(1936-1962) ed ex-direttrice di Vogue America (1962-1971) sembra parlare al
lettore davanti ad un tè pomeridiano nel suo ufficio al Costume Institute del
Metropolitan Museum di New York, come fosse un amico di sempre. E’ schietta,
divertente, dispensa suggerimenti ed aneddoti su qualsiasi cosa le venga in
mente e se non fosse per la punteggiatura, potrebbero essere benissimo le
riflessioni di un personaggio di James Joyce.
Le pagine del libro, così come le porte del suo ufficio,
sono uno Stargate su epoche che non esistono più, ma che tutti vorrebbero
vivere. Proprio come la Zia Mame di Patrick Dennis, Diana è il passepartout per
il bel mondo che nonostante i cambiamenti socio-culturali intercorsi tra
l’inizio del XX secolo e gli anni 70, si è sempre caratterizzato di intrighi,
segreti, obblighi dettati da protocolli ed etichette, ma anche di quel senso di
libertà che emerge in ogni azione la veda protagonista, rendendola un’imbattibile
eroina (di stile) ai nostri occhi. Mi raccomando però a non chiamarle Memorie,
la stessa autrice infatti spiega di non essere una vecchietta nostalgica, ma
una persona che guarda sempre avanti.
Diana Vreeland in her Office at Vogue |
Her world is made of coronation ceremonies, elephants, diamonds,
maharajas, Schiaparelli clothes, deep red nail-polish, heavy make up inspired
to the Japanese maikos, ballet lessons from Michel Fokine, Balenciaga fashion
shows alongside Audrey Hepburn, film premieres in the company of Josephine
Baker and her cheetah, ball at the White House as guest of Jacqueline Kennedy,
late nights at the Studio 54 with Andy Warhol and chats with Coco Chanel.
Daring a comparison with the exciting experiences of this
woman, it seems we all just survive, trying to cope with the problems of
today's society, and it's almost a relief discovering that Diana has such a
great imagination that many episodes and anecdotes have been totally invented
or just "embellished" according to her taste.
Azzardando un confronto con l’eccitante percorso di questa
donna tra cerimonie di incoronazione, elefanti, diamanti, maharajà, abiti
Schiaparelli, reali decaduti, smalti rosso intenso, trucchi pesanti ed
ultracoprenti ispirati agli eccessi delle maiko, lezioni di balletto con Michel
Fokine, sfilate di Balenciaga accanto ad Audrey Hepburn, prime cinematografiche
in compagnia di Josephine Baker ed il suo ghepardo, balli alla Casa Bianca
ospite di Jacqueline Kennedy, serate allo Studio 54 in compagnia di Andy Warhol
e chiacchierate con Coco Chanel tenendo le braccia alzate durante le prove
degli abiti, ci sembrerà a stento di vivere la nostra vita, tentando di far
fronte quotidianamente ai ritmi ed ai problemi della società odierna.
Non ci resta quindi che tirare un sospiro di sollievo nello
scoprire a fine libro che Diana non solo è dotata di una grande fantasia
(grazie alla quale sono nati i più begli editoriali di moda dagli anni 30 ai
70), ma che molti episodi e aneddoti sono stati “abbelliti” secondo il suo
gusto.
Maybe, after reading the book, you would describe Diana
Vreeland as "Crazy" instead of "Legendary"; but have you
ever heard about a creative person who doesn't go beyond the boundaries? I
don't think so.
Diana Vreeland was imaginative, intuitive, instinctive,
charismatic, confident, sometimes reckless, but only in the name of curiosity.
If the combination of these features suffice for labelling a person as
"crazy", I would like to be considered crazy like her.
Potreste allora intervenire nella discussione volendo
interpretare, se non addirittura cambiare, quel “Leggendaria” con “Pazza”.
Forse sì, ma avete mai sentito parlare di un creativo ottuso
che non sa andare oltre i propri limiti ? Non penso proprio. Diana Vreeland era
estrosa, intuitiva, istintiva, carismatica, sicura, talvolta incosciente, ma
solo in nome della curiosità e se queste caratteristiche contribuiscono a
definire una persona pazza, allora vorrei essere considerato pazzo come lei.
Diana Vreeland photographed by Richard Avedon, June 1977, Rolling Stone Magazine |
Alessandro Masetti - The Fashion Commentator
Photocredits: DianaVreeland.com